Il nichilismo nella mano del più forte

Il nichilismo, di cui tanto Nietzsche ha scritto, oggi è diventato una “mentalità” largamente accettata: il significato del termine come assenza di prospettive e orizzonti rimane ma ciò che cambia è la risposta al nichilismo che tra noi si aggira.

Nel presente la morte di Dio si configura nella consapevolezza della fine delle ideologie che avevano accompagnato i grandi progetti di emancipazione dell’umanità, come la filosofia hegeliana, il marxismo,il liberalismo economico e politico, che alimentarono il mondo fino al tanto famigerato 25 dicembre 1991 mentre la cultura odierna sembra aver spazzato sia la soluzione religiosa, poiché Dio è davvero morto, sia quella “illuministica”, poiché non sembra sia la ragione il regolatore dei rapporti umani. Chi allora si interessa di tutte le vittime di questa morte? Il mercato, con la sua logica di tipo strumentale, utilitaristica e consumistica che si fonda sul nesso “mezzo-fine”: in questo legame si possono ritrovare molti nodi del nostro presente, dalle dinamiche di potere alla riflessione circa le nostre capacità di pensiero e azione ed è evidente che la formula “il fine giustifica i mezzi” è il principio-guida sia nella sfera politica che in quella etica.
L’ unico orizzonte che ci si presenta è fatto di strumentalità e utilizzabilità, in cui si riduce il senso di ogni cosa, prima di tutto di noi stessi. Siamo immersi nel mondo in cui di ogni cosa ci si chiede “a che cosa serve?”, in una catena utilitaristica in cui noi e il resto ne fanno parte in vista dell’appagamento, dove le domande di senso vengono meno, dove l’essere non è utile e perciò si presenta come un non-essere. E proprio questo lato del nichilismo postmoderno il più insidioso poiché riduce il senso dell’essere ad un possesso oggettivato e all’avere, e a proporsi soluzione del problema nichilista in questa ottica è la logica capitalistica che usa come mezzi gli inconsapevoli del proprio essere per i propri fini. Darci ciò che desideriamo fa parte di questo gioco poiché vuol dire darci delle sicurezze, tra cui anche quella apparente del proprio essere, facendo sì che le domande intorno a se stessi e a ciò che ci sta intorno vengano meno e conseguentemente continuare a perseguire i propri obiettivi indisturbati. La vera via d’uscita potrebbe essere quella offerta dall’arte del vivere, come la chiamavano i greci, che consiste nel riconoscere le proprie capacità, nell’usufruirne e nel vederne i risultati: forse solo cosi l’uomo verrebbe a conoscenza di se stesso, magari se ne innamorerebbe pure, il nichilismo sarà servito a qualcosa, niente e nessuno saranno più meri strumenti di
appagamento e così forse potremmo davvero sconfiggere la logica capitalistica distruttrice dell’essere autentico.