A cura di Gina
Mi lasciai più volte da una persona che credevo di amare, che diceva di amarmi. Pensavo, “farò di tutto per stare con lui”. Lo feci, feci di tutto anche accettare la violenza. Ne feci anche io, psicologica, ne conseguì una risposta fisica.
La sensazione? Un senso di colpa. Forse me la meritavo, cosa diranno gli altri? Gli altri potrebbero dire che però io non sono del tutto innocente o che non è violenza se non finisci all’ospedale, se non sanguini. Poi non ce la feci piú e uscì dal silenzio. Grazie anche alla solidarietá e la forza di persone vicine. Una mia amica mi fece capire che non mi stavo amando, che avevo smesso di volermi bene. Mi fece capire che se stava male con me, Lui, non doveva rispondere con la violenza ma doveva lasciarmi, che quello che ha fatto non fa male SOLO fisicamente, puó anche non far male fisicamente, ma era umiliazione del corpo, della persona. Era maschilismo. Violenza maschilista. Una forme squallida di dominazione e una dimostrazione di forza.
Poi molte ragazze mi fecero capire che non ero sola, meno i ragazzi che hanno difficoltá ad affrontare la questione. Sì perché ogni violenza va affrontata, denunciata. Ci sono intorno tutti i giorni, invisibilizzate dal senso di colpa e dalla paura di chi le riceve, dalla paura del giudizio della societá. BASTA. Io, Gina, io ragazza, io transgender, io bisex, io no gender, io contraddittoria di me stessa. Io semplicemente io, individuo che decide orientamento sessuale e genere come e quando meglio preferisco, ricostruitami e, cucita e, reinventata, con la speranza che un percorso nasca dalle pluri-individualità e continui libero dalle gerarchie di genere.