Nel 1946 Jean-Paul Sartre scrive le “Riflessioni sulla questione ebraica” in cui cercò di comprendere le ragioni e le dinamiche
dell’antisemitismo attraverso una sottile analisi psicologica. La tesi fondamentale di questa riflessione è che l’ebreo esiste perché esiste l’antisemita,dove qui per ebreo si intende non semplicemente la persona che professa la religione ebraica ma come persona stigmatizzata da tutti quei giudizi di cui l’antisemita si è nutrito per legittimare le pratiche naziste.
Anche Franzt Fanon e Carla Lonzi tra gli anni ‘50 e ‘70 riprendono la tesi sartriana rispettivamente per la posizione del negro e della
donna, sottolineando la loro irruzione nella società letta come imprevisto e la necessità della liberazione dallo sguardo e dalla cultura che hanno creato il corpo nero e il corpo della donna, necessità che se soddisfatta porterebbe a un riassetto generale dei rapporti sociali.
Ciò che è ancora molto attuale e temo lo sarà ancora per molto è l’esistenza fenomenologica di un soggetto in quanto esiste un altro soggetto che posa lo sguardo su di esso e lo fissa secondo la sua struttura mentale, che ricalca quella della massa: non parlo di due soggetti qualsiasi di cui uno accidentalmente si impone sull’altro ma parlo di un soggetto, che possiamo incarnare per semplicità nel cittadino piccolo borghese, che per mantenere la sua posizione di apparente privilegio, benessere e stabilità trova un soggetto che irrompe nella società, capace di mettere in discussione i rapporti sociali che vanno a vantaggio del borghese e perciò lo definisce entro certi canoni, i cosiddetti luoghi comuni, sui quali si costruiscono aspettative sul loro comportamento nella società. La struttura mentale di cui ho parlato sopra è quella che poi si traduce nelle pratiche razziste e sessiste perciò ritengo sia possibile distruggere tali strutture, attraverso la lotta intersezionale che riconduca alla stessa radice il razzismo e il sessimo, che possiamo
riconoscere nella esistenza della borghesia e del suo attaccamento a un mondo di comode e vantaggiose credenze che la struttura capitalistica ha portato con sè. Quando parlo di essere umano definito in certi canoni più precisamente parlo di “fissazione” di esso con le sue conseguenze: impossibilità di vivere autenticamente la propria vita, far venir meno il vero senso di libertà di cui ognuno dovrebbe nutrirsi e vivere, eclissi dell’essenza della dimensione umana ossia dimensione aperta di
ogni coscienza,non fissazione di essa, e infine l’esistenza dell’ asservimento di un soggetto da parte di un altro soggetto che incarna la dinamica oppressi e oppressori.