Chi conosce gli altri è sapiente, chi conosce se stesso è illuminato

La voglia di scrivere questo articolo nasce da una chiacchierata con un mio caro amico riguardo questioni e correlati miti come quello della propria identità e della stima di essa. Spesso ho sentito persone parlare della loro identità come di un qualcosa caratterizzato dai rapporti interpersonali e che in base a ciò definiscono la propria stima come un equilibrio tra le visioni che le persone hanno di esse. Questo porta anche ad un’altra tematica che per ora accennerò: dedicarsi più agli altri, intendendo il dedicarsi nel senso più ampio possibile, che a se stessi poiché sarà il riconoscimento degli altri verso noi stessi che aumenterà la considerazione che abbiamo di noi, insomma quella forma celata di egoismo conosciuta e venerata come altruismo. Dovremmo capire che se da un lato è vero che la nostra identità si costruisce e si modifica nel tempo secondo le nostre relazioni con il mondo esterno (d’altronde siamo animali sociali) è fondamentale capire che dall’altro lato siamo noi, primi tra tutti, a decidere quali siano le nostre interazioni con ciò che è al di fuori di noi. Tale passaggio di punto di vista, anche abbastanza semplice, fornisce chiavi di lettura di noi stessi molto più consapevoli, responsabilizzanti, oneste, benefiche e fruttuose per il rapporto con il mondo interiore e quello esteriore. Una volta capito che la nostra identità e la stima che abbiamo di essa è quindi in primis conseguenza della conoscenza di se stessi e delle relative scelte possiamo fare finalmente a meno di quell’odioso merito sociale che in tanti cercano cioè l’essere riconosciuti come altruisti e quindi, quasi come ci fosse un legame logicamente necessario, “brave persone”. Iniziamo invece a rivendicare di essere egoisti, dei sani egoisti, di pensare prima a noi, a quello che vogliamo, che ci piace e anche che ci conviene! Non perseguitiamo più il desiderio di essere persone eticamente corrette e non dichiariamo più di esserlo appena ci facciamo o ci fanno i complimenti per un azione moralmente bella, rendiamoci conto che non c’è nulla di sbagliato nel preferire se stessi agli altri anche al costo di ferire questi altri. Non voglio però, dicendo ciò, incoraggiare l’oppressione delle volontà altrui, voglio solo dire che non esiste l’io con la propria volontà e gli altri, ma esiste l’io che si deve relazionare con tanti altri io e quindi tante volontà individuali, non una una volontà altrui cioè una somma di esse.

Infine non consideriamo l’identità come qualcosa da ricercare dentro se stessi e una volta raggiunta come non pensiamola stabile, ormai costituita e da difendere a qualsiasi costo, disfacciamo del mito di essa e della sua continua ricerca: cosa vuol dire trovare la propria identità? E perderla? Questa è una domanda che mi pongo, a cui mi piacerebbe arrivassero proposte di risposte da chiunque ne avesse: la mia proposta per ora è di conoscere se stessi e di perdersi nel flusso dei suoi mutamenti lungo il tempo, facendo meno del concetto di identità come qualcosa di nascosto e immutabile che dobbiamo trovare e preservare.