Giulia Caneschi e Federico Malvaldi, giovani pisani che hanno rotto la delicata parete che divide l’osservare dal creare. Dalla passione per il cinema è sbocciato con forza il fiore della sperimentazione: frutti del fiore, sono acerbi cortometraggi. Pellicole che hanno l’ambizione di essere dolci mani, a toccare l’interiorità degli spettatori. Sono sottili minuti, di lampi e insperati istanti, inaspettati bagliori a dare nuova luce alla vita dei protagonisti. È un lieto invito, a guardarci dentro svelandoci inedite possibilità. Tra i più gustosi frutti dello spirito creativo contiamo Il cieco e lo spazzino, Tutto un tremito e Alba, di cui l’ultimo non ancora proiettato. È il teatro, rappresentato dal cieco, a svegliare lo spazzino dal torpore della sua esistenza monotona e trascorsa nella nebbia dell’inconsapevolezza: come un mago-terapeuta il teatro riaccende nello spazzino il doloroso flash di un trauma nell’infanzia della sorella, e la liberazione dal peso della ferita rimossa fa brillar di senso il suo futuro. È l’amorevole improvviso affetto di una ragazza e l’amorevole dono a un povero, a colmare di speranza la vita di un ragazzo malato di Parkinson, in cui al ritmo dei tremiti rimbombavano soltanto i nevrotici sibili dello sconforto. Continua la lettura di L’angolo creativo: Giulia Caneschi e Federico Malvaldi
Tutti gli articoli di Lucciola
Festa per l’uscita del secondo numero di Lucciola
Un nuovo aperitivo presso il Circolo Anarchico di Vicolo del Tidi si è tenuto giovedì 24 novembre
Alcune foto a ricordare il bel momento, ringraziando tutti i compagni e i sostenitori intervenuti.
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Presentazione del giornale: 27 ottobre 2016
Siete tutti invitati alla presentazione del giornale (e del primo numero):
Giovedì 27 ottobre alle ore 19 presso il Circolo Anarchico di Vicolo del Tidi, 20 (PISA)
Sotto il manifesto dell’evento.
Libri: La guerriera dagli occhi verdi
“La guerriera dagli occhi verdi” è una lettura che si impone nel contesto attuale in cui la questione curda assume grande rilevanza. Una storia di oppressioni e umiliazioni ma allo stesso tempo di resistenza e liberazione. Marco Rovelli ripercorre in questo libro la vita di Filiz, futura Avesta Harun, comandante di una squadra speciale di guerriglia che trova nelle proprie radici la forza di continuare a lottare. Ripercorrendo la sua vita dall’ infanzia fino alla decisione di imbracciare le armi, Rovelli racconta tradizioni, usanze e il forte senso di appartenenza che connotano il popolo curdo. Un popolo in lotta per la propria esistenza, una resistenza combattuta contro la Turchia che da sempre nega ai curdi la propria identità definendoli semplici turchi di montagna e terroristi, e sul fronte del terrorismo islamico. Avesta compie una scelta radicale di esistenza, votata non a se stessa ma alla totalità, alla difesa dell’identità del suo popolo e alla lotta per la democrazia. Ma Avesta è solo una goccia nel mare, una storia che spiega la scelta di tanti/e curdi/e di votare la propria esistenza alla lotta.
(Francesca)
Dischi: Alborosie – Freedom & Fyah (2016)
Uscito a giugno di quest’anno per la VP Records, Freedom & Fyah è il penultimo lavoro discografico di Alborosie, seguito da The Rockers, album nato dalla collaborazione di Puppa Albo con vari artisti italiani.
“Libertà e fuoco” è un nome che suggerisce fin da subito i contenuti del disco: amore; aspra critica e lotta al sistema; varietà di stili e influenze. Quest’ultimo aspetto spicca notevolmente in tutte e 13 le tracce dell’album, che combinano bene diversi sottogeneri della musica reggae con sonorità elettroniche più recenti. Un esempio per tutti è Fly 420, pezzo dall’evidente timbro dubstep. Cry, la traccia seguente, è una chiara espressione in chiave rub-a-dub del disagio sociale delle strade di Kingston.
Nel complesso tutti i brani sono caratterizzati da una moderna e definita dancehall e dalla potenza apportata dalla musica dub.
Il pezzo più dub dell’album è probabilmente Poser, il cui testo si scaglia contro i falsi e gli appariscenti.
A conclusione del disco troviamo Zion Youth, canzone che ripropone classici temi del reggae e vecchi suoni rivisitati.
L’angolo creativo
Delio Gennai
L’originale motivo artistico di Gennai sta in una rivisitazione in chiave contemporanea dello stendardo arabo medioevale. Affascinato dagli stendardi presenti nella Chiesa di Santo Stefano di piazza dei Cavalieri, Gennai vuole dare nuova vita a questi vessilli, così emozionanti e sul punto di cadere dimenticati. Ecco che li riproduce, per intero o in parti, nei materiali più vari: dalla tela, alla stoffa, alla carta a materiali sintetici. I simboli che rimandano alla fede islamica e al mondo arabo sono depurati del loro significato originario, scelti per la bellezza delle loro forme. Ma le tonalità del bianco che dominano le opere e le suggestive luci delle esposizioni conferiscono un nuovo carattere mistico agli antichi segni: alle stelle e alle lune, alle spade bilama e alle scritture cufiche. Sono arcane bianche geometrie, resti di un passato che passando per le mani dell’artista ci possono accendere l’immaginazione e aprire le porte di un regno ignoto. Nelle mostre, cubi bianchi e strane lettere pendono dai soffitti, e candide tele illuminate appese a qualche centimetro dai muri sono come spiriti. Scritte sacre sono labirinti di sensazioni. Gennai è anche gallerista, lo potete incontrare tutti i giorni tranne il lunedì e la domenica a Pisa nella sua galleria di via San Bernardo 6 dalle 17 alle 19:30.
Ginevra Pfeiffer
Sconfinata passione e desiderio di sperimentare animano Ginevra, ventitreenne artista livornese la cui arte danza vivace in molteplici campi. Ma è il cortometraggio animato il mezzo espressivo a toccare maggiormente le corde della sua sete di esprimersi. È infatti nel cortometraggio animato che si coniugano al meglio l’amore per il disegno e per il narrare storie: ed è dunque in questo terreno che fremono di essere conclusi i più sentiti progetti dell’artista. È uno scrigno di immagini, la sua giovane mente: immagini con precisi colori, suoni, armonie. Immagini che diventano concrete: in dipinti, in illustrazioni tradizionali e digitali. Il suo stile è semplice, vicino a quello dei cartoni animati, ispirato all’opera di Otto Schmidt. Soggetti prediletti sono figure femminili e strani animali, piccoli personaggi che potrebbero recitare in racconti fantasy. La sua originalità, è da ricercare nei lavori con la biro, fra i quali troviamo una donna con capelli-chioma d’albero e radici alle gambe, simbolo della natura e soggetto caro all’artista. È possibile conoscere meglio Ginevra attraverso la pagina facebook jeeviarts.
Masturbarsi parte 1
A cura di Gina
L’altro giorno parlavo con un’amica e mi sono resa conto che mai abbiamo affrontato l’argomento “masturbazione”. Essendo normalmente un argomento tabù non è qualcosa di cui si parla prendendo un caffè al bar. Io comunque ci ho provato perché l’ultima volta che mi sono masturbata ho cambiato fantasia e ho scoperto un nuovo punto erogeno, l’ano. Non che non lo conoscessi prima, ma non l’avevo mai provato durante il fai-dai-te. Lei mi ha guardata dicendomi “Cara, il fai da te serve soprattutto per conoscerci, cosa ci piace, come e dove…bla bla bla”… Sostanzialmente, ho pensato di aprire la rubrica iniziando con un bel disegno sull’anatomia femminile… Perché è importante conoscerci per fare del buon sesso o semplicemente per stare con noi stess@. Indipendentemente dal genere che scegliamo, che sceglieremo o che non sceglieremo mai ecco qui, nell’immagine, solo alcune delle zone erogene primarie e secondarie. Eh sì, car@, ce ne sono moooolte altre.
Antoine Gimenez: un anarchico pisano nella Colonna Durruti
Antoine Gimenez (pseudonimo di Bruno Salvadori) pisano della provincia, precisamente nato a Chianni (PI) il 14/12/1910, incerto il mestiere che svolse. Per ragioni di lavoro la sua famiglia si trasferì a Livorno. Dei suoi genitori le notizie sono molto scarse, il padre operaio, lavorava lontano. Niente, o quasi, si sa della madre e di eventuali parenti.
Bruno, ben presto, nella città labronica si scontra con le squadre d’azione fasciste. Sembra che in una delle tante aggressioni venisse duramente percosso. In quell’occasione fu aiutato e trasportato in un’abitazione di compagni dove venne medicato e ospitato. Si racconta che il Salvadori mantenesse anche contatti con i compagni del pisano, ma scarse sono le notizie al riguardo.
Sul finire degli anni ’20 emigra in Francia, dove diffonde opuscoli anarchici, ma più volte viene arrestato dalla polizia locale a Marsiglia, grazie anche al supporto della polizia fascista (OVRA). A seguito di numerose altre lotte e peripezie, Bruno viene espulso dalla Francia e, dopo un lungo peregrinare, nel maggio 1936, giunge in Spagna. La polizia italiana perde le sue tracce e, proprio in quel periodo, emerge la sua “nuova identità” quella di: Antoine Gimenez. Continua in clandestinità a girovagare, specialmente in Francia, approfittando dei suoi contatti con i compagni del luogo. La polizia non riesce mai a catturarlo. Non si sa come, ma Bruno è anche in possesso di un passaporto italiano!
In quel periodo, in Spagna, sta per cominciare la rivoluzione , essendo affiliato alla CNT, l’anarchico pisano decide di ritornarvi alla vigilia del colpo di stato franchista. Nell’agosto del ’36 diventa miliziano del gruppo internazionale della Colonna Durruti. Partecipa alle battaglie di Setamo, Aragona, Quinto de Ebro e rimane al fronte fino all’ottobre 1938. Alla disfatta della Repubblica, nel febbraio 1939, viene internato nel campo di concentramento francese di Angeles-sur-mer ed entra a far parte, insieme ad altri 117 prigionieri, del gruppo anarchico: “Libertà o morte”. Infine liberato si stabilisce a Marsiglia.
Scrive i suoi ricordi dal 1974 al 1976; all’età di 72 anni muore a Marsiglia il 26/10/1982, solo ma mai piegato.
Notizie tratte da una pubblicazione de “La Baronata”- -Lugano (Svizzera)
Riappropriazione e autogestione del Sapere
Di Sara Pierallini e Satanatsu Goru
Ci sono innumerevoli tipi di saperi a cui abbiamo più o meno la possibilità di accedere, ma le nostre conoscenze, il loro sviluppo e la loro rappresentazione vengono stabilite e utilizzate secondo l’interesse delle istituzioni vigenti. Quest’unica verità “certificata” invisibilizza una realtà non convenzionale, delle conoscenze e dei saperi che, col tempo, vengono a considerarsi meno attendibili.
Un esempio è dato dal caso della foresta della Gran Sabana per cui è convenzionalmente desiderabile una boscosa e scientificamente controllata forma di paesaggio. Questa regione si trova in Venezuela e influente nelle tematiche delle politiche ambientali vi è l’impresa idroelettrica statale EDELCA. Quest’ultima lavorò per ricostruire una foresta “originaria” della Gran Sabana e per far ciò usufruì di fondi per la ricerca per raccogliere dati necessari alla realizzazione di determinate politiche. Inevitabilmente, il processo decisionale dell’impresa ha lasciato fuori la comunità indigena Pemon che, con le conoscenze storico-culturali, detenevano un sapere non convenzionale e degradato successivamente a credenza popolare, innalzando il sapere istituzionale a quello “Vero”.
I Pemon storicamente bruciavano, in maniera controllata, parti di foresta utile per l’agricoltura, la caccia, la pulizia dei sentieri, la comunicazione tra un villaggio e un altro e, infine, per prevenire incendi naturali che si possono originare, senza controllo, in settori dove la vegetazione è secca. La comunità indigena seguiva uno stile di vita lento assimilabile a un ritmo biologico, in accordo con i cicli naturali, permettendo alla vegetazione di rinnovarsi senza che il disboscamento divenisse un problema. Per loro, la natura è fonte di vita, quindi era chiaramente il loro primo interesse difendere la Gran Sabana.
EDELCA, attraverso un sapere legittimato dalle istituzioni, ha reso meno credibile un sapere culturale e ha privatizzato determinate aree provocando la protesta delle popolazioni indigene, chiaramente represse da un Apparato poliziesco.
Questo episodio è solo uno dei tanti che incontriamo nella nostra vita di tutti i giorni. In medicina, non consultare un medico per un raffreddore che dura una settimana diventa un pericolo, una stravaganza o una pazzia. Curarsi con medicine alternative lo è ancora di più.
Se ti consideri efficace in una materia, ma non hai un pezzo di carta che lo attesti, la tua esperienza non conterà e ne saprai sempre meno di uno che ha avuto la possibilità di ottenerlo.
L’istituzionalizzazione e il conseguente stabilimento scientifico di un sapere, impongono un quadro di lettura ristretto volto a controllare o, nel peggiore dei casi, eliminare tutte quelle forme di conoscenze comunitarie, auto-prodotte e auto-gestite portate avanti da minoranze.
Lo stabilimento e la diffusione dei saperi in mano alle istituzioni ne esclude e ne opprime uno minoritario e la minoranza che lo detiene. Per ridare alla realtà la sua complessità e uscire da un sapere egemonizzante di una realtà semplificata, i processi di autonomia e di autogestione diventano uno strumento di creazione di saperi liberi e informazione contro-corrente, accessibili e a disposizione di tutti
Lucciola non vuole solo creare informazione, ma stimolare dibattiti su temi generali e particolari che possono andare dal Dio al Verme.
Il fascino discreto della moschea di Porta a Lucca
Moschea si, moschea no, l’argomento caldo degli ultimi mesi nella cronaca locale pisana. Dalla destra alla sinistra tutti si sono espressi, addirittura il TAR su richiesta della comunità islamica pisana. Non si può comunque non riconoscere il merito al comitato Nomoschea di averci rallegrato con due siparietti decisamente divertenti: la figuraccia per la questione delle firme autenticate (solo 275 su 2530), e il comizio della Pitonessa Santanché insieme a Magdi (ora nemmeno più “Cristiano”) Allam durante la raccolta delle suddette firme. Lasciando da parte quello che oggi fa decisamente sorridere, bisognerebbe fare un passo indietro e ragionare su cosa implichi veramente per la politica pisana la costruzione o meno della moschea. Non volendo cadere nell’errore di assumere il ruolo di giudice, decidendo chi ha ragione e chi torto, ci si limiterà ad esporre un breve elenco dei fatti, lasciando così al lettore la possibilità di farsi una propria idea a riguardo.
Fino ad oggi è stato principalmente l’ambiente della destra pisana, Forza Italia in primis, a parlare della questione della moschea, arrivando persino a paventare l’ormai celeberrimo referendum che, per via delle firme non autenticate, non si terrà. Una questione nata su basi esclusivamente razziste, in quanto il reale obiettivo era, e continua ad essere, il divieto di professione di un culto non originariamente proprio della cultura italiana. Rimaneva però per Forza Italia un problema: come impostare il quesito referendario per il quale si stavano raccogliendo le firme? Di certo non si poteva esprimere liberamente il reale intento, perché le accuse di discriminazione sarebbero piovute sul comitato del no come un temporale ad agosto. Il Nomoschea ha così scelto di puntare sull’urbanistica e sullo stile architettonico, propagandando la bruttezza di un edificio di culto moderno, per giunta non cristiano, a ridosso di Piazza dei Miracoli. Come hanno scritto diverse testate giornalistiche, in caso il referendum si fosse tenuto i pisani avrebbero votato su un “quesito mascherato”, visto che nemmeno compariva la parola “moschea”, sostituita col generico “progetto urbanistico”. Pisa è stata fatta diventare l’emblema della lotta della tradizione italiana all’Islam, unica città italiana dove addirittura si è arrivati a parlare di referendum per opporsi all’integrazione musulmana. D’altronde, la politica istituzionale conosce solo il linguaggio dello scontro, non quello dell’apertura e dell’ascolto.
Così, la destra pisana ha palesemente deciso di non prendere in considerazione l’opinione della comunità cattolica di Porta a Lucca, perché le sarebbe stata decisamente avversa. Da un’intervista di pochi giorni fa monsignor Dianich, proprio nel quartiere della futura moschea, si è espresso in termini molto favorevoli nei confronti della comunità islamica pisana e della costruzione della moschea. Dianich ha dichiarato inaccettabile “la battaglia per mantenere il crocifisso facendo la guerra all’Islam”; colpo basso per i cattolici destrorsi del Nomoschea, dei quali si attende ancora la risposta. Ad ogni modo, è più coerente un intervento da parte di esponenti del mondo cattolico rispetto ad una campagna elettorale per il no che sfrutta lo stile architettonico per mascherare il razzismo.
I diretti interessati, ovvero i membri della comunità islamica pisana, hanno sicuramente accolto più che positivamente il verdetto del TAR, ma allo stesso tempo necessitano di maggiore spazio per il confronto. Nonostante sia il reale soggetto in questa vicenda, la parola della comunità islamica è stata messa in secondo piano dalle polemiche tra volti noti di destra e sinistra. L’unica opinione che chi scrive si vuole permettere di esprimere è pertanto la seguente: perché dare ascolto a forze che non hanno direttamente a che fare né con la vicenda della moschea né col mondo islamico in generale? Quindi, anziché affidarsi alle voci che si sentono quotidianamente, perché non confrontarsi direttamente con la comunità islamica? D’altronde la loro è l’unica voce che manca dal coro e, probabilmente, ascoltarla potrebbe rivelarsi interessante per capire cosa stia davvero succedendo.