Pisa, 9 settembre 2016, ore 6 del mattino. Filipescu dorme serenamente sul suo letto, quando ad un tratto la sua tranquillità viene turbata. Qualcosa si muove nel suo organismo. Apre gli occhi, prova a ricordare cos’è accaduto durante la scorsa serata, ma l’unica cosa che riesce a vedere è una fitta nebbia etilica. «Mannaggialfano, ci risiamo: si arza un po’ ir gomito, e si finisce cor vomito!», dice biascicando, mentre il malessere si fa più intenso. Filipescu è costretto ad alzarsi dal letto ed andare in bagno, prima che sia troppo tardi. Con uno sforzo goffo riesce a mettersi in piedi e con altrettanto goffo movimento si avvia verso il cesso. Ma nell’ombra, un altro nemico non previsto attende in silenzio l’ingenuo sindaco: una minacciosa e frantumata bottiglia di vetro, vendutagli in un minimarket del centro, residuo della sera prima, non perde l’occasione di ferire il malcapitato. «Mannaggialfano!», recita l’urlo di dolore che sveglia vicinato, quartiere, giunta e consiglio. Il cellulare di Filipescu comincia a squillare incessantemente, amici e parenti, preoccupati, vogliono sapere cos’è accaduto di così grave da scaturire un tale grido straziante. Ma egli è pieno di rabbia, una rabbia che non può essere placata dal soccorso dei suoi cari, una rabbia che solo in un modo può essere contenuta e trasformata in benessere collettivo: con una nuova ordinanza.
Filipescu chiama a rapporto i suoi fedelissimi, non prima di essersi disinfettato il piede, e cominciano a scrivere il documento che il sindaco ha ormai in mente in modo chiaro (non troppo, c’è ancora un po’ di nebbia). “Ordinanza urgente in materia di sicurezza urbana (e domestica) per contrastare l’abuso di alcol e la dispersione al suolo del vetro. CONSIDERATO CHE il sindaco è mezzo astemio – per non dire completamente – e per questo pretende la solidarietà dei cittadini, CONSIDERATO ALTRESI’ CHE rosica non poco a vedere studenti e studentesse che si ubriacano senza troppe ripercussioni, PRESO ATTO dell’identità (e della provenienza) dei principali venditori di alcolici nelle zone comprese tra stazione e centro di Pisa, RITENUTO CHE il primo cittadino non potrebbe sopportare un’altra gravissima lesione all’alluce come quella di questa mattina, il sindaco della Città di Pisa, Marco Filipescu, ORDINA: fino al giorno 4 dicembre 2016 compreso, 1) il divieto di vendita per asporto dalle ore 22.00 alle ore 06.00 di bevande alcoliche di qualunque gradazione in qualsiasi contenitore e di ogni altra bevanda in contenitori di vetro; 2) il divieto di detenere bevande alcoliche di qualsiasi gradazione in qualunque sistema e/o apparecchio di refrigerazione e raffrescamento [?] presso i locali di esercizio delle attività allo scopo di venderle in qualsiasi contenitore in tutto il complessivo orario di apertura e per tutto il periodo di durata di validità della presente ordinanza [quest’ultimo divieto non riguarda, però, gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, perchè è stato concepito esclusivamente per colpire i minimarket]. In caso di inosservanza della presente ordinanza, la Polizia Municipale e le altre forze dell’ordine procederanno ai sensi dell’art. 650 c.p. [arresto fino a tre mesi o ammenda fino a duecentosei euro] nei confronti dei contravventori. Inoltre, il Comune si impegna ad attivare iniziative di natura sociale con la Croce Rossa Italiana, volte a sensibilizzare i giovani circa i rischi che corre il sindaco dopo ogni singolo sorso di qualunque bevanda alcolica. Inoltre, per contrastare il degrado e – soprattutto – gli effetti nefasti del crescente inquinamento dell’ambiente, la Croce Rossa Italiana fornirà, presso Piazza dei Cavalieri, bicchieri di plastica dove versare il contenuto delle bottiglie di vetro.”. … «Ehm, signor sindaco, lei è proprio sicuro che fornire bicchieri di plastica sia una mossa ecologica sensata?» «In verità, non ne sono sicuro. Ma non è forse l’incertezza che rende grande un uomo politico?» «Quanta saggezza.»
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L’Università ai tempi del Polo Piagge
Telecamere, catene, cabine di sorveglianza, tornelli, divieti su divieti. Carcere? No! E’ il Polo Piagge, moderna struttura universitaria recentemente costruita ed adibita ad ospitare le lezioni dei Dipartimenti di Scienze Politiche, Giurisprudenza, Economia, Agraria e Medicina Veterinaria. Progettato in maniera tale da escludere ogni possibile incontro, che non sia quello in classe, questa meravigliosa struttura si connota per il numero spropositato di telecamere che accompagnano la studentessa/lo studente fino alla porta del bagno. Solo all’interno del Polo si contano 21 telecamere. Se generalmente molti luoghi pubblici sono dotati di telecamere che sorvegliano rispetto a eventuali eventi esterni (cataclismi, Isis, zombie, vichinghi, ecc.), la massiccia presenza di tali strumenti all’interno della struttura fanno capire che la volontà è quella di controllare in modo costante e capillare tutti i movimenti dei/delle pericolosissimi/e frequentatori/rici. Ai bidelli viene assegnato il ruolo della sentinella sempre sull’altolà, pronta ad ammonire chiunque non si attenga alle norme calate dall’alto e sulle quali non è ammessa alcuna flessibilità. La notevole quantità ed eterogeneità di divieti affissi per tutta la struttura arricchiscono la giornata degli/lle universitari/e, che possono sempre supplire alla mancanza di spazi di aggregazione con una lettura dei sacri divieti. Unico spazio di aggregazione all’interno del Polo è il bar, dove è obbligatorio consumare prodotti necessariamente acquistati nello stesso ed esplicitamente vietato studiare, mentre le sedie e i tavolini posti all’esterno del locale sono legati tra di loro da una catena che impedisce movimenti o raggruppamenti non previsti da regolamento (se ad esempio siete in cinque, uno/a starà in piedi). Chissà a cosa si riferiva il rettore Massimo Augello quando parlava di “aree destinate alla socializzazione”1? Può definirsi uno spazio di aggregazione il bar del Piagge usufruibile solo dietro pagamento?
Sicuramente sappiamo che il Piagge rappresenta “un esempio della progettualità messa in atto dall’Ateneo pisano a partire dal 2010, attraverso una decisa accelerazione al piano di realizzazione delle grandi opere”2. Questo polo diventa solo un esempio della tendenza a conformare gli spazi universitari rendendoli asettici e della volontà di proseguire la politica delle grandi opere.
Anche la localizzazione del Polo Piagge in un’area periferica e marginale rispetto al tessuto universitario urbano si inserisce nella tendenza generale a delocalizzare l’università, dividendo, separando, marginalizzando e distruggendo così gli spazi di socialità e di confronto.
La tendenza a creare spazi limitati da confini materiali, sorvegliati da telecamere, marginalizzati e depravati di un’identità si ritrova anche nelle università.
Ma uno spazio riuscito è quello in cui sono possibili pratiche di libertà.
C’era bisogno di un altro giornale? Forse no!
Sesso. Controllo. Sfruttamento. Libri. Masturbazione. Ordinanze. Femminismo. Repressione. Giochi da tavola. Università. Spazi. Sorveglianza. Libertà. Territorio. Moschee. Pompini. Chiese. Storie di ribelli. Saperi. Dischi. Cucina. Generi. Oppressione. Rivoluzione. Fumetti. Razzismo. Cinema. Linguaggio. Strade sicure. Resistenze. Solidarietà. Internazionalismo. Seghe mentali. Diseguaglianza sociale. Precarietà. Lotte. Autoproduzioni. Autoritarismo. Rifiuti. Sbornie. Inquinamento. Sex workers. Collettività.
Lucciola è tutto questo. È un esperimento. Non vuole dare soluzioni, vuole porre domande. Non vuole parlare a chi legge, vuole parlare con chi legge. Vuole mettere in discussione tutto. Vuole provocare. Vuole fare incazzare. Ma vuole anche far riflettere e stimolare un confronto con chi legge.
Allora, c’era bisogno di un nuovo giornale? Cazzo sì!