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Una città di ghetti e salotti

…piazza della Stazione, via Mascagni, rotatoria dell’Ordine di San Sepolcro, via Pellico, largo Padri della Costituzione, piazza Sant’Antonio, via Mazzini, via Zandonai, via D’Azeglio (da via Zandonai a piazza Vittorio Emanuele II), piazza Vittorio Emanuele II, via Benedetto Croce (da piazza Vittorio Emanuele II a via Queirolo), via Queirolo, viale Bonaini (da via Queirolo a via Colombo), via Colombo, via Corridoni (da via Colombo a piazza della Stazione). Sono da considerarsi all’interno dell’area anche la Galleria A e B di viale Gramsci ed i loggiati presenti nella piazza della Stazione, viale Gramsci, piazza Vittorio Emanuele II, via Corridoni (da piazza della Stazione a via Puccini), piazza Duomo, piazza Arcivescovado, piazza Manin, largo Cocco Griffi, via Cammeo, via Roma (da piazza Duomo a via Savi), via Santa Maria (da piazza Arcivescovado a piazza Cavallotti), via Cardinale Maffi (da piazza Duomo a via San Ranierino), parcheggio di piazza Santa Caterina, parcheggio di piazza Carrara, parcheggio di piazza Sant’Antonio, Corso Italia, piazza XX Settembre, Ponte di Mezzo, piazza Garibaldi, Borgo Stretto, via Oberdan (Borgo Largo)…

La città non è del Sindaco, del Prefetto o del Questore. Tanto meno è dei commercianti, dell’aeroporto, delle caserme o dei b&b. Non è dell’Università, della Normale, del Sant’Anna, del CNR o dell’Ospedale. La città è di chi ci vive, chi ci studia o ci viene per lavorare. La città è anche di chi è nato da qualche altra parte.

Il “Decreto Minniti”, col suo famigerato “daspo urbano”, permette ai Sindaci di decidere che ci siano strade, vicoli e piazze della città vietate. Luoghi dove alcune categorie di persone non possono, non devono mettere piede.

Il Comune divide la città in strade, vicoli e piazze, in ghetti e salotti. Di strade, vicoli e piazze che devono essere “decorose” e di altre che possono anche restare nel degrado.

Stanno provando a trasformare una città in una specie di labirinto delirante: in questa piazza è proibito bere, in questa strada non ci possono essere mendicanti e in questo vicolo non è consentita la presenza di persone non nate in questo comune.

I giornali e le tv locali, fomentatori di paure e fabbricatori seriali di notizie false, contribuiscono in modo decisivo alla creazione e all’esagerazione di minacce alla sicurezza e al decoro che stanno solo nelle loro teste. Complici della trasformazione finale di una città in un cimitero che alla fine potrà essere abitata solo da morti viventi.

Vogliono una città per pochi, una città a misura dei privilegiati e di chi crede di esserlo, una città che esclude chi non ha soldi, lavoro o non la pensa come loro.

Opporsi, a ogni livello e con ogni mezzo necessario, al “Decreto Minniti” e alle sue applicazioni locali.

Rivendicare, con atti concreti, che la città è di tutti e per tutte e non per pochi.

INTERVISTA AL COLLETTIVO ARTAUD

Parte 1

Pazz*, matt* da legare, fuori di testa, malat* mental*, celebroles*,  folli, isteriche, tont*,schizzat*sono tanti  modi in cui sono rappresentate le fragilità dell’animo umano. Questa intervista al collettivo antipischiatrico Antonin Artaud di Pisa vuole approfondire le motivazioni che hanno spinto la nascita di questo gruppo e perché continuano a tenere viva l’esigenza di portare avanti questo percorso politico e sociale. Riportiamo di seguito alcuni stralci dell’intervista che verrà divisa e presentata in due parti. La prima di questo numero e la seconda nel seguente.

“in quale contesto storico e quali motivazioni hanno portato la nascita del collettivo?”

Il collettivo nasce 12 anni fa dopo una riflessione scaturita all’interno dell’osservatorio anti proibizionista di Pisa risentendo anche delle influenze di gruppi analoghi presenti a Milano e Firenze, in risposta alla realtà psichiatrica del territorio (Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura  di Pisa, Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Montelupo, équipe dello psichiatra Cassano).La riflessione che ha dato adito all’antipsichiatria ,nel collettivo antiproibizionista, riguarda la  consapevolezza sul ruolo normativo dello stato e nella contrapposizione tra droghe legali (psicofarmaci) e droghe illegali il cui consumo è demonizzato e punito.I fondatori del collettivo, molti dei quali arricchiti da esperienze politiche e personali, hanno sentito l’esigenza di dare voce e forma soprattutto a chi viene stigmatizzato come folle e viene messo a tacere. Tra gli obiettivi iniziali che il gruppo si pone vi è una critica alle pratiche repressive che si perpetuano quotidianamente con gli abusi all’interno dei luoghi della psichiatria. Il collettivo intende far luce sul ruolo delle multinazionali farmaceutiche  che aumentano i loro profitti attraverso lo spaccio globale di “pillole” infatti  è stata riscontrata nell’ultima edizione del Manuale Diagnostico dei disturbi mentali(DSM V) la presenza del 56% dei membri della commissione strettamente collegati con l’industria del farmaco. Sin dalle battute inziali il collettivo ha sostenuto e seguito casi concreti di abusi psichiatrici, su minori e adulti, intervenendo legalmente e politicamente .La battaglia politica del collettivo affronta problemi che potenzialmente toccano la quotidianità di tutte e tutti noi, come l’obbligo di cura(Trattamento sanitario obbligatorio) e l’inefficienza dei servizi psichiatrici che devono accompagnare una persona con una determinata fragilità. La risposta è sempre quella di vedere come oggetto la persona “malata” e di curarla con approcci psedo-scientifici  alla malattia senza vedere le sue reali problematiche legate al suo stigma sociale, che vanno dalla non socializzazione e alle difficoltà di trovare una stabilità, e alle famiglie abbandonate a loro stesse senza nessun tipo di supporto.

“quali eventi hanno segnato la storia del collettivo, dalla sua nascita a oggi?

Nel 2007 il collettivo attiva una linea rivolta a persone che vogliono raccontare o denunciare abusi da parte della psichiatria. Il progetto del telefono si pone il duplice obiettivo politico di denuncia e di supporto umano e legale. Si tratta di un telefono mobile a differenza dei numerosi telefono fissi gestiti da altri collettivi, il supporto è attivo 24/24h e 7 giorni su 7. Un altro passo importante è stata la collaborazione con una Dottoressa antipsi, che è parte attiva  nella gestione di uno sportello di ascolto quindicinale. Sicuramente la stesura del libro “Elettroshock” (Sensibili alle foglie,2014) è stato un punto di svolta importante. Attraverso questo progetto editoriale è stato possibile raccogliere testimonianze dirette di chi è stato vittima di questa pratica e di dare una prospettiva diversa di narrazione, dal punto di vista di chi la subisce(utente) e non di chi la pratica (medico).  Sicuramente questi sono gli eventi che hanno segnato di più la storia del collettivo senza dimenticare però il sostegno e la collaborazione con diversi avvocati e  collettivi antipsichiatrici nazionali, compagne e compagni del territorio pisano e non.

[…] segue nel prossimo numero salvo casi di TSO alla redazione di LUCCIOLA

Il mio nemico

Non è il fascista

Associamo questa etichetta con troppa facilità, marchiando come con un mirino chi crediamo seguire (più o meno convintamente) idee che già di per sé sono molto confuse. Ne abbiamo bisogno: identificare i nemici è sempre cosa buona per un esercito in guerra. Ma io non faccio parte di un esercito e questa non è la mia guerra. Voglio capire le ragione che spingono un ragazzo di venti anni ad aderire a formazioni di estrema destra, a fare ronde, a odiare la società in cui vive per seguire modelli semplicistici in cui immaginare di poter approdare a uno stile di vita che evidentemente non possiede e che deve difendere da chiunque creda possa impedirgli di sognarlo. Non possono essere le stesse di chi quelle idee le propaganda e che soffiando sul fuoco del disagio sociale ed economico e della paura ne cavalca gli effetti del consenso popolare.
Se la causa dell’adesione a retrograde (quanto funzionali) forse di infantile nazionalismo sta in quel disagio il mio nemico è la causa del disagio, non il suo effetto.
Non picchiando il fascisti per strada eliminerò le cause del suo esserci, non facendo contro ronde, non dichiarando guerre a idee che mi fanno dimenticare le reali cause di quelle idee e della loro mistificazione di chi le usa come un burattinaio sorridendo anche un po’…

Frammenti d’amore Romantico

De La Malfattrice

 

“La pisciata in compagnia è di sinistra, il cesso sempre in fondo a destra… Una donna emancipata è di sinistra, riservata è già un po’ più di destra” cantava Gaber. Si potrebbe proseguire idealmente questo pezzo prendendo spunto dall’articolo uscito nel 6° numero di Lucciola a proposito dell’amore, allora si potrebbe canticchiare: “L’amore romantico è di destra, quello incondizionato di sinistra”. Continua la lettura di Frammenti d’amore Romantico

Lucca: il G7 degli esteri genera mostri

di Boofa e Oltredonna

 

Lo scorso 10 aprile, a Lucca, si è tenuto il vertice dei ministri degli esteri dei paesi del G7. Contemporaneamente, nella stessa città,
viene organizzato un corteo di contestazione che vede partecipare una grossa fetta della Toscana militante, nonostante la manifestazione fosse stata vietata: numerose città toscane confluiscono a Lucca per dimostrare il proprio dissenso contro una realtà che esiste e si alimenta grazie alla guerra, allo sfruttamento,
alla devastazione dei territori. Ma si sa che Lucca è una città storicamente impenetrabile e la sua scelta non è casuale, un po’ come quella di Taormina. Continua la lettura di Lucca: il G7 degli esteri genera mostri

Carrara: capitale del marmo o marmo del capitale?

di ImpeRiot e stevo

 

Il 28 novembre le Alpi Apuane si macchiano di sangue. Ancora una volta. A subire la tragedia è Mauro Giannetti, un operaio di 46 anni morto schiacciato sotto un blocco di marmo di 2 tonnellate staccatosi durante le operazioni di disarmo nel bacino di Torano (Carrara). Continua la lettura di Carrara: capitale del marmo o marmo del capitale?

Scienze Politiche: giù le mani dalle aule studio! Urca urca tirulero, oggi splende il sol!

di boofa

 
Un bel giorno, Robin Hood e Little John giravano per la città di Pisa alla ricerca di un’aula studio con dei posti liberi per poter soddisfare i propri bisogni intellettuali e possibilmente anche quelli sociali. Cercavano insomma uno spazio che riuscisse a mettere
insieme il silenzio della biblioteca al casino della piazza. In effetti avevano sentito parlare di un certo palazzo Bianchi Monzon, ossia il dipartimento di Scienze Politiche, sul Lungarno Pacinotti, esattamente in via Serafini: tre aule studio mai piene a tappo che garantivano sempre un posto a sedere, una biblioteca fornita,
uno spazio liberato al piano terra dove potersi confrontare e rilassare il cervello, un giardino interno niente male. Decidono così
di provare a fare un salto in quel posto. Continua la lettura di Scienze Politiche: giù le mani dalle aule studio! Urca urca tirulero, oggi splende il sol!