Archivi categoria: Articoli

Intervista Integrale a Peter sui fatti del G8

Sara – Durante quali giorni ti trovasti a partecipare al movimento No-g8 di Genova del 2001 e quali furono le motivazioni che ti spinsero a partecipare?

Peter – Premetto che ho qualche difficoltà a ricordare esattamente i giorni. I giorni sono stati due (quelli a cui ho partecipato), i primi due. Non ricordo se erano giovedi e venerdi o venerdì e sabato. Comunque sono andato i primi due giorni. Continua la lettura di Intervista Integrale a Peter sui fatti del G8

Ricordi su tela: 15 anni dal G8 parte 1

di Sara Pierallini

In questi giorni ho avuto modo di parlare con due persone che hanno partecipato alle manifestazioni del 2001 contro il G8 di Genova. Le stesse, hanno vissuto esperienze di quei giorni molto differenti. Di fatto, Peter e Robi avevano diverse età. Il primo era ancora un ragazzo che stava conoscendo il mondo della militanza, mentre il secondo, già uomo, partecipava attivamente a differenti gruppi politici in preparazione alla tre giorni di manifestazioni. Continua la lettura di Ricordi su tela: 15 anni dal G8 parte 1

Cascina tra vignettisti, leghisti e dignità che se ne va

di CiEsse
La gestione Ceccardi del comune di Cascina continua a far discutere. Dopo la cittadinanza onoraria a Magdi Allam, odierno profeta dell’odio religioso, la sindaca ha deciso di interrompere il progetto SPRAR. Risultato? I quattordici profughi accolti a Cascina verranno trasferiti fuori dal Comune e l’amministrazione non accetterà più alcun richiedente asilo.

Continua la lettura di Cascina tra vignettisti, leghisti e dignità che se ne va

Riappropriazione e autogestione del Sapere

13932931_1740755056173712_3587392417952309358_nDi Sara Pierallini e Satanatsu Goru

Ci sono innumerevoli tipi di saperi a cui abbiamo più o meno la possibilità di accedere, ma le nostre conoscenze, il loro sviluppo e la loro rappresentazione vengono stabilite e utilizzate secondo l’interesse delle istituzioni vigenti. Quest’unica verità “certificata” invisibilizza una realtà non convenzionale, delle conoscenze e dei saperi che, col tempo, vengono a considerarsi meno attendibili.
Un esempio è dato dal caso della foresta della Gran Sabana per cui è convenzionalmente desiderabile una boscosa e scientificamente controllata forma di paesaggio. Questa regione si trova in Venezuela e influente nelle tematiche delle politiche ambientali vi è l’impresa idroelettrica statale EDELCA. Quest’ultima lavorò per ricostruire una foresta “originaria” della Gran Sabana e per far ciò usufruì di fondi per la ricerca per raccogliere dati necessari alla realizzazione di determinate politiche. Inevitabilmente, il processo decisionale dell’impresa ha lasciato fuori la comunità indigena Pemon che, con le conoscenze storico-culturali, detenevano un sapere non convenzionale e degradato successivamente a credenza popolare, innalzando il sapere istituzionale a quello “Vero”.
I Pemon storicamente bruciavano, in maniera controllata, parti di foresta utile per l’agricoltura, la caccia, la pulizia dei sentieri, la comunicazione tra un villaggio e un altro e, infine, per prevenire incendi naturali che si possono originare, senza controllo, in settori dove la vegetazione è secca. La comunità indigena seguiva uno stile di vita lento assimilabile a un ritmo biologico, in accordo con i cicli naturali, permettendo alla vegetazione di rinnovarsi senza che il disboscamento divenisse un problema. Per loro, la natura è fonte di vita, quindi era chiaramente il loro primo interesse difendere la Gran Sabana.
EDELCA, attraverso un sapere legittimato dalle istituzioni, ha reso meno credibile un sapere culturale e ha privatizzato determinate aree provocando la protesta delle popolazioni indigene, chiaramente represse da un Apparato poliziesco.
Questo episodio è solo uno dei tanti che incontriamo nella nostra vita di tutti i giorni. In medicina, non consultare un medico per un raffreddore che dura una settimana diventa un pericolo, una stravaganza o una pazzia. Curarsi con medicine alternative lo è ancora di più.
Se ti consideri efficace in una materia, ma non hai un pezzo di carta che lo attesti, la tua esperienza non conterà e ne saprai sempre meno di uno che ha avuto la possibilità di ottenerlo.
L’istituzionalizzazione e il conseguente stabilimento scientifico di un sapere, impongono un quadro di lettura ristretto volto a controllare o, nel peggiore dei casi, eliminare tutte quelle forme di conoscenze comunitarie, auto-prodotte e auto-gestite portate avanti da minoranze.
Lo stabilimento e la diffusione dei saperi in mano alle istituzioni ne esclude e ne opprime uno minoritario e la minoranza che lo detiene. Per ridare alla realtà la sua complessità e uscire da un sapere egemonizzante di una realtà semplificata, i processi di autonomia e di autogestione diventano uno strumento di creazione di saperi liberi e informazione contro-corrente, accessibili e a disposizione di tutti
Lucciola non vuole solo creare informazione, ma stimolare dibattiti su temi generali e particolari che possono andare dal Dio al Verme.

Il fascino discreto della moschea di Porta a Lucca

santancheMoschea si, moschea no, l’argomento caldo degli ultimi mesi nella cronaca locale pisana. Dalla destra alla sinistra tutti si sono espressi, addirittura il TAR su richiesta della comunità islamica pisana. Non si può comunque non riconoscere il merito al comitato Nomoschea di averci rallegrato con due siparietti decisamente divertenti: la figuraccia per la questione delle firme autenticate (solo 275 su 2530), e il comizio della Pitonessa Santanché insieme a Magdi (ora nemmeno più “Cristiano”) Allam durante la raccolta delle suddette firme. Lasciando da parte quello che oggi fa decisamente sorridere, bisognerebbe fare un passo indietro e ragionare su cosa implichi veramente per la politica pisana la costruzione o meno della moschea. Non volendo cadere nell’errore di assumere il ruolo di giudice, decidendo chi ha ragione e chi torto, ci si limiterà ad esporre un breve elenco dei fatti, lasciando così al lettore la possibilità di farsi una propria idea a riguardo.
Fino ad oggi è stato principalmente l’ambiente della destra pisana, Forza Italia in primis, a parlare della questione della moschea, arrivando persino a paventare l’ormai celeberrimo referendum che, per via delle firme non autenticate, non si terrà. Una questione nata su basi esclusivamente razziste, in quanto il reale obiettivo era, e continua ad essere, il divieto di professione di un culto non originariamente proprio della cultura italiana. Rimaneva però per Forza Italia un problema: come impostare il quesito referendario per il quale si stavano raccogliendo le firme? Di certo non si poteva esprimere liberamente il reale intento, perché le accuse di discriminazione sarebbero piovute sul comitato del no come un temporale ad agosto. Il Nomoschea ha così scelto di puntare sull’urbanistica e sullo stile architettonico, propagandando la bruttezza di un edificio di culto moderno, per giunta non cristiano, a ridosso di Piazza dei Miracoli. Come hanno scritto diverse testate giornalistiche, in caso il referendum si fosse tenuto i pisani avrebbero votato su un “quesito mascherato”, visto che nemmeno compariva la parola “moschea”, sostituita col generico “progetto urbanistico”. Pisa è stata fatta diventare l’emblema della lotta della tradizione italiana all’Islam, unica città italiana dove addirittura si è arrivati a parlare di referendum per opporsi all’integrazione musulmana. D’altronde, la politica istituzionale conosce solo il linguaggio dello scontro, non quello dell’apertura e dell’ascolto.
Così, la destra pisana ha palesemente deciso di non prendere in considerazione l’opinione della comunità cattolica di Porta a Lucca, perché le sarebbe stata decisamente avversa. Da un’intervista di pochi giorni fa monsignor Dianich, proprio nel quartiere della futura moschea, si è espresso in termini molto favorevoli nei confronti della comunità islamica pisana e della costruzione della moschea. Dianich ha dichiarato inaccettabile “la battaglia per mantenere il crocifisso facendo la guerra all’Islam”; colpo basso per i cattolici destrorsi del Nomoschea, dei quali si attende ancora la risposta. Ad ogni modo, è più coerente un intervento da parte di esponenti del mondo cattolico rispetto ad una campagna elettorale per il no che sfrutta lo stile architettonico per mascherare il razzismo.
I diretti interessati, ovvero i membri della comunità islamica pisana, hanno sicuramente accolto più che positivamente il verdetto del TAR, ma allo stesso tempo necessitano di maggiore spazio per il confronto. Nonostante sia il reale soggetto in questa vicenda, la parola della comunità islamica è stata messa in secondo piano dalle polemiche tra volti noti di destra e sinistra. L’unica opinione che chi scrive si vuole permettere di esprimere è pertanto la seguente: perché dare ascolto a forze che non hanno direttamente a che fare né con la vicenda della moschea né col mondo islamico in generale? Quindi, anziché affidarsi alle voci che si sentono quotidianamente, perché non confrontarsi direttamente con la comunità islamica? D’altronde la loro è l’unica voce che manca dal coro e, probabilmente, ascoltarla potrebbe rivelarsi interessante per capire cosa stia davvero succedendo.

L’ira funesta del pelide Filipescu

piu-felicita-graficanera-no-copyright-1024x723pdPisa, 9 settembre 2016, ore 6 del mattino. Filipescu dorme serenamente sul suo letto, quando ad un tratto la sua tranquillità viene turbata. Qualcosa si muove nel suo organismo. Apre gli occhi, prova a ricordare cos’è accaduto durante la scorsa serata, ma l’unica cosa che riesce a vedere è una fitta nebbia etilica. «Mannaggialfano, ci risiamo: si arza un po’ ir gomito, e si finisce cor vomito!», dice biascicando, mentre il malessere si fa più intenso. Filipescu è costretto ad alzarsi dal letto ed andare in bagno, prima che sia troppo tardi. Con uno sforzo goffo riesce a mettersi in piedi e con altrettanto goffo movimento si avvia verso il cesso. Ma nell’ombra, un altro nemico non previsto attende in silenzio l’ingenuo sindaco: una minacciosa e frantumata bottiglia di vetro, vendutagli in un minimarket del centro, residuo della sera prima, non perde l’occasione di ferire il malcapitato. «Mannaggialfano!», recita l’urlo di dolore che sveglia vicinato, quartiere, giunta e consiglio. Il cellulare di Filipescu comincia a squillare incessantemente, amici e parenti, preoccupati, vogliono sapere cos’è accaduto di così grave da scaturire un tale grido straziante. Ma egli è pieno di rabbia, una rabbia che non può essere placata dal soccorso dei suoi cari, una rabbia che solo in un modo può essere contenuta e trasformata in benessere collettivo: con una nuova ordinanza.
Filipescu chiama a rapporto i suoi fedelissimi, non prima di essersi disinfettato il piede, e cominciano a scrivere il documento che il sindaco ha ormai in mente in modo chiaro (non troppo, c’è ancora un po’ di nebbia). “Ordinanza urgente in materia di sicurezza urbana (e domestica) per contrastare l’abuso di alcol e la dispersione al suolo del vetro. CONSIDERATO CHE il sindaco è mezzo astemio – per non dire completamente – e per questo pretende la solidarietà dei cittadini, CONSIDERATO ALTRESI’ CHE rosica non poco a vedere studenti e studentesse che si ubriacano senza troppe ripercussioni, PRESO ATTO dell’identità (e della provenienza) dei principali venditori di alcolici nelle zone comprese tra stazione e centro di Pisa, RITENUTO CHE il primo cittadino non potrebbe sopportare un’altra gravissima lesione all’alluce come quella di questa mattina, il sindaco della Città di Pisa, Marco Filipescu, ORDINA: fino al giorno 4 dicembre 2016 compreso, 1) il divieto di vendita per asporto dalle ore 22.00 alle ore 06.00 di bevande alcoliche di qualunque gradazione in qualsiasi contenitore e di ogni altra bevanda in contenitori di vetro; 2) il divieto di detenere bevande alcoliche di qualsiasi gradazione in qualunque sistema e/o apparecchio di refrigerazione e raffrescamento [?] presso i locali di esercizio delle attività allo scopo di venderle in qualsiasi contenitore in tutto il complessivo orario di apertura e per tutto il periodo di durata di validità della presente ordinanza [quest’ultimo divieto non riguarda, però, gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, perchè è stato concepito esclusivamente per colpire i minimarket]. In caso di inosservanza della presente ordinanza, la Polizia Municipale e le altre forze dell’ordine procederanno ai sensi dell’art. 650 c.p. [arresto fino a tre mesi o ammenda fino a duecentosei euro] nei confronti dei contravventori. Inoltre, il Comune si impegna ad attivare iniziative di natura sociale con la Croce Rossa Italiana, volte a sensibilizzare i giovani circa i rischi che corre il sindaco dopo ogni singolo sorso di qualunque bevanda alcolica. Inoltre, per contrastare il degrado e – soprattutto – gli effetti nefasti del crescente inquinamento dell’ambiente, la Croce Rossa Italiana fornirà, presso Piazza dei Cavalieri, bicchieri di plastica dove versare il contenuto delle bottiglie di vetro.”. … «Ehm, signor sindaco, lei è proprio sicuro che fornire bicchieri di plastica sia una mossa ecologica sensata?» «In verità, non ne sono sicuro. Ma non è forse l’incertezza che rende grande un uomo politico?» «Quanta saggezza.»

L’Università ai tempi del Polo Piagge

untitled-2Telecamere, catene, cabine di sorveglianza, tornelli, divieti su divieti. Carcere? No! E’ il Polo Piagge, moderna struttura universitaria recentemente costruita ed adibita ad ospitare le lezioni dei Dipartimenti di Scienze Politiche, Giurisprudenza, Economia, Agraria e Medicina Veterinaria. Progettato in maniera tale da escludere ogni possibile incontro, che non sia quello in classe, questa meravigliosa struttura si connota per il numero spropositato di telecamere che accompagnano la studentessa/lo studente fino alla porta del bagno. Solo all’interno del Polo si contano 21 telecamere. Se generalmente molti luoghi pubblici sono dotati di telecamere che sorvegliano rispetto a eventuali eventi esterni (cataclismi, Isis, zombie, vichinghi, ecc.), la massiccia presenza di tali strumenti all’interno della struttura fanno capire che la volontà è quella di controllare in modo costante e capillare tutti i movimenti dei/delle pericolosissimi/e frequentatori/rici. Ai bidelli viene assegnato il ruolo della sentinella sempre sull’altolà, pronta ad ammonire chiunque non si attenga alle norme calate dall’alto e sulle quali non è ammessa alcuna flessibilità. La notevole quantità ed eterogeneità di divieti affissi per tutta la struttura arricchiscono la giornata degli/lle universitari/e, che possono sempre supplire alla mancanza di spazi di aggregazione con una lettura dei sacri divieti. Unico spazio di aggregazione all’interno del Polo è il bar, dove è obbligatorio consumare prodotti necessariamente acquistati nello stesso ed esplicitamente vietato studiare, mentre le sedie e i tavolini posti all’esterno del locale sono legati tra di loro da una catena che impedisce movimenti o raggruppamenti non previsti da regolamento (se ad esempio siete in cinque, uno/a starà in piedi). Chissà a cosa si riferiva il rettore Massimo Augello quando parlava di “aree destinate alla socializzazione”1? Può definirsi uno spazio di aggregazione il bar del Piagge usufruibile solo dietro pagamento?
Sicuramente sappiamo che il Piagge rappresenta “un esempio della progettualità messa in atto dall’Ateneo pisano a partire dal 2010, attraverso una decisa accelerazione al piano di realizzazione delle grandi opere”2. Questo polo diventa solo un esempio della tendenza a conformare gli spazi universitari rendendoli asettici e della volontà di proseguire la politica delle grandi opere.
Anche la localizzazione del Polo Piagge in un’area periferica e marginale rispetto al tessuto universitario urbano si inserisce nella tendenza generale a delocalizzare l’università, dividendo, separando, marginalizzando e distruggendo così gli spazi di socialità e di confronto.
La tendenza a creare spazi limitati da confini materiali, sorvegliati da telecamere, marginalizzati e depravati di un’identità si ritrova anche nelle università.
Ma uno spazio riuscito è quello in cui sono possibili pratiche di libertà.