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CAZZO NERO, CAZZO BIANCO. LA SAGA.

Tratto da alcune delle molte (troppe) storie vere.
Il 25 agosto la notizia di uno stupro commesso a Rimini da quattro immigrati su una donna polacca domina la cronaca italiana.
Su ogni mezzo, tv, giornali, social network, si levano voci di indignazione. Voci di condanna contro questi negri che

vengono qui e non accettano i nostri valori, tra cui il rispetto delle donne. Forza Nuova, riprendendo una stampa primo-
novecentesca in cui un nero spoglia una donna bianca, si erige a difensore delle donne, delle “loro” donne con lo slogan

“Difendila dai nuovi invasori. Potrebbe essere tua madre, tua moglie, tua sorella, tua figlia”[1].
Il 7 settembre giunge la notizia dello stupro commesso a Firenze da due carabinieri su due ragazze
statunitensi che studiavano nel capoluogo toscano. Si leva qualche voce di condanna dalle istituzioni, ma
sempre col beneficio del dubbio (bisogna vedere se quel che dicono le due ragazze è vero), una
“condanna” tenue più volta a difendere la dignità della divisa che per sincera indignazione. Nessuno si
esprime troppo, alla fine è necessario fare ulteriori verifiche per stabilire la veridicità di quanto
denunciato dalle due donne.
La narrazione mediatica di questi due eventi, in egual modo da condannare, è totalmente diversa e
riproduce esclusivamente una mentalità violenta.
Da una parte nel racconto mediatico degli stupri di Rimini si tralascia quasi del tutto, se non per brevi
momenti, il fatto che ad essere stuprata sia anche una donna transessuale. Di lei si parla poco e niente,
forse perché meno capace di muovere la nostra compassione e di aizzare il nostro odio verso gli
immigrati. Alla fine per una trans, per di più prostituta, la nostra empatia non può essere particolarmente
forte.
D’altra parte, accanto a questa invisibilizzazione avvenuta sulla donna trans violentata, si scatena una
reazione che sa più di risentimento nazional-popolare che di condanna alle violenze commesse sulle due
donne. Forza Nuova, insieme a molti altri, non perde occasione per strumentalizzare questo episodio in
chiave razzista associando la tendenza allo stupro ad una sorta di predisposizione naturale del nero. Ma
l’importante è essere propositivi e così Forza Nuova si propone di fare delle ronde per difendere le
“nostre” donne perché, ce lo ricordano, quella donna potrebbe essere “tua” sorella, “tua” madre, “tua”
figlia. Quello che ci dice Forza Nuova è che una donna va difesa perché è una “tua” proprietà, perché è un
tuo possesso, e non perché è un essere umano. E ci dice che la nostra difesa spetta ai nostri uomini, così
legittimando e riproducendo l’ideologia del dominio maschile che sta alla base della violenza sulle donne.
Tutt’altro tipo di risposte scatena invece lo stupro di Firenze. Poche ore dopo la violenza subita dalle due
donne, iniziano a circolare notizie volte a questionare la versione ufficiale. Non si è trattato di stupro, loro
erano consenzienti, erano ubriache (e quindi? Io se mi ubriaco al massimo mi aspetto un mal di testa il
giorno dopo non uno stupro), ma perché hanno accettato il passaggio dai carabinieri, si sono inventate
tutto, e, infine, la grande rivelazione: le due donne statunitensi hanno stipulato un’assicurazione contro lo
stupro. Deduzione seguente: si sono fatte stuprare o fingono di esserle state per ottenere una ricompensa
economica! La notizia è stata smentita nella stessa giornata, ma è indicativa di come, quando a stuprare è
un uomo bianco (in divisa poi!), si cerchi di trovare qualcosa attraverso cui colpevolizzare la donna per
quanto avvenuto, per far ricadere su di lei la responsabilità!
Ma la trafila di proclami aberranti non finisce qui: prendono parola le varie istituzioni e il sindaco di Firenze, Dario Nardella,
che non perde occasione per sfoggiare una bella paternale a queste studentesse americane, che devono capire una volta per
tutte che Firenze non è la città dello sballo[2]! Il dito viene puntato non contro gli aguzzini, ma contro le vittime.
Se nel caso di Rimini i media hanno puntato il dito contro gli stupratori, più per la nazionalità degli
uomini che per il fatto stesso, nel caso di Firenze le stesse fonti mediatiche risaltavano le parole dei
carabinieri accusati i quali si discolpavano e si ritenevano sconvolti.
Loro sconvolti!
Poverini!
Dando però così spazio alle loro voci, i media hanno contribuito a stimolare un senso di comprensione,
compassione ed empatia verso i carabinieri piuttosto che verso le ragazze stuprate, colpevoli d’altra parte
di aver bevuto. Gran parte dell’opinione pubblica, prima indignata per lo stupro avvenuto a Rimini e alla
ricerca di dure soluzioni contro coloro che si rendono protagonisti di tali violenze, questa volta si esprime
in termini ben più moderati, lasciando ad ogni modo ad altri l’onere di verificare la veridicità della
denuncia e di esprimere eventuali condanne. Ma soprattutto si chiede di non fare di tutta l’erba un fascio,
di non infangare la divisa, la nobile arma dei Carabinieri, per l’errore commesso da due persone, dalle

cosiddette mele marce.
Che dire? Tutto ciò si commenta da solo. Però è bene chiarire una cosa: non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, in nessun
caso. E questo ragionamento non esclude nessun gruppo, che siano Carabinieri o immigrati. Gli stupri avvengono in ogni
paese e cultura. Avvengono su donne di ogni età, provenienza, estrazione sociale[3]. E a commetterli sono solo determinate
persone: gli uomini maschilisti, indipendentemente dalla loro provenienza. Questo perché essendo la società, tutta, in
ogni parte del mondo, fondata sul patriarcato -quindi sul dominio dell’uomo sulla donna – non potrebbe essere
diversamente!
Tuttavia questa logica dominante non viene mai messa in discussione, preferendo gestire il dibattito
attraverso un doppiopesismo tanto becero quanto deviante rispetto all’obiettivo di porre fine alla violenza
sulle donne.
Una narrazione quotidiana che ci ricorda che ci sono stupri di serie A commessi da cazzi neri e stupri di
serie B di cui si sminuisce la gravità, si mette in dubbio la veridicità, si colpevolizza la donna, si
comprende il gesto dell’uomo o, se a commetterlo sono maschi sotto i 18 anni, è solo una bambinata. Di
questa categoria fanno parte gli stupri commessi da cazzi bianchi, che siano in divisa, in famiglia, amici,
estranei o qualunque altra cosa purché appunto abbiano il cazzo bianco. Una retorica contraddittoria, che
non ci aiuta a comprendere la violenza maschile né a sradricarla, ma risulta strumentale a coloro che
vogliono imporci le ronde fasciste, a legittimare securitarismo e militarismo.Un problema che non è
episodico ma sistemico e strutturale nella nostra società non può essere certo abbattuto installando
telecamere e aumentando presidi militari per le strade, ma solo scegliendo di estirpare le radici culturali
della violenza maschile, di cui femminicidi e stupri sono “solo” la punta dell’iceberg.
Uno stupro è sempre uno stupro! E la radice è solo una: il patriarcato!

[1]http://www.lastampa.it/2017/09/02/italia/cronache/manifesto-choc-di-forza-nuova-sui-migranti-stupratori-polemica-
zWzaDrePMapOiFh7cAn42I/pagina.html

[2]http://www.ilpost.it/2017/09/10/nardella-firenze-studenti-americani/
[3]https://www.internazionale.it/reportage/annalisa-camilli/2017/09/26/stupri-violenza-donne

Apriamo quella porta

Questo, urlano dalla stiva, è il settimo numero di “Lucciola”. Sette, come i vizi capitali, ce li abbiamo. Tutti. Ne abbiamo anche di migliori. Per esempio abbiamo il vizio di continuare a pensare con le nostre teste, anche quando quelli intorno a noi pensano con la testa di qualcun altro. E guardandoci intorno ci rendiamo conto che da troppo tempo certe cose non cambiano. Giornali, tv, Internet, non fanno altro che riciclare le solite notizie sui problemi esistenti e partiti e governi non fanno altro che proporre soluzioni che non risolvono. Un po’ come qualcuno che davanti a una porta chiusa provi ad aprirla con la chiave sbagliata una, due… tante volte. Troppe. La porta resta chiusa a chi cerca un reddito per vivere, a chi scappa dalla miseria o dalla guerra, a chi chiede più rispetto, a chi vuole più libertà e meno divieti, a chi non è disposto a barattare la propria vita nel mercato globale. Continua la lettura di Apriamo quella porta

Lucca: il G7 degli esteri genera mostri

di Boofa e Oltredonna

 

Lo scorso 10 aprile, a Lucca, si è tenuto il vertice dei ministri degli esteri dei paesi del G7. Contemporaneamente, nella stessa città,
viene organizzato un corteo di contestazione che vede partecipare una grossa fetta della Toscana militante, nonostante la manifestazione fosse stata vietata: numerose città toscane confluiscono a Lucca per dimostrare il proprio dissenso contro una realtà che esiste e si alimenta grazie alla guerra, allo sfruttamento,
alla devastazione dei territori. Ma si sa che Lucca è una città storicamente impenetrabile e la sua scelta non è casuale, un po’ come quella di Taormina. Continua la lettura di Lucca: il G7 degli esteri genera mostri

La rivoluzione inizia dalla cucina

A cura di Chef Riot

 

Iniziare questa rubrica ha un grandissimo valore sentimentale per me. Ricordo ancora il momento esatto di quando ho fatto lo svezzamento e ho iniziato ad assaporare il cibo, che bei momenti! A parte gli scherzi le rubriche di Chef Riot hanno come tema principale il cibo non dal punto di vista dei programmi di cucina che vedi in tv o nelle grandi testate giornalistiche, ma dal punto di vista di chi non riesce ad arrivare a fine mese e di chi prova a
portare in tavola una cucina critica. Qualcuno diceva “siamo ciò che mangiamo” e certe volte anche io mi dico che sono una merda, però cercare di modificare le proprie abitudini a tavola
può essere un buon allenamento. Questa rubrica si pone l’obiettivo di ricercare tutti i piatti che sostanzialmente non hanno alla base nessun tipo di sfruttamento e che sono accessibili a ogni tipo di portafoglio. Nei prossimi numeri vi spiegherò come cucinare delle pietanze accompagnate con un brano musicale che vi accompagnerà nella preparazione.


A presto!

Scienze Politiche: giù le mani dalle aule studio! Urca urca tirulero, oggi splende il sol!

di boofa

 
Un bel giorno, Robin Hood e Little John giravano per la città di Pisa alla ricerca di un’aula studio con dei posti liberi per poter soddisfare i propri bisogni intellettuali e possibilmente anche quelli sociali. Cercavano insomma uno spazio che riuscisse a mettere
insieme il silenzio della biblioteca al casino della piazza. In effetti avevano sentito parlare di un certo palazzo Bianchi Monzon, ossia il dipartimento di Scienze Politiche, sul Lungarno Pacinotti, esattamente in via Serafini: tre aule studio mai piene a tappo che garantivano sempre un posto a sedere, una biblioteca fornita,
uno spazio liberato al piano terra dove potersi confrontare e rilassare il cervello, un giardino interno niente male. Decidono così
di provare a fare un salto in quel posto. Continua la lettura di Scienze Politiche: giù le mani dalle aule studio! Urca urca tirulero, oggi splende il sol!

Solidarietà da Pisa sui fatti di Parma

Subito dopo la manifestazione nazionale contro la violenza maschile sulle donne Non Una Di Meno del 26 novembre, abbiamo letto il comunicato di Romantik Punx e Guerriere Sailor “4 Crepe. Circa i fatti di Parma nella sede della RAF: come riparare 4 crepe prima che qualcosa si rompa per sempre”. Siamo venute così a conoscenza di un tremendo episodio, successo nel settembre 2010 nell’ex sede della Rete Antifascista di Parma:

 

alcuni individui hanno preso parte attivamente e/o come spettatori allo stupro di gruppo di una ragazza in stato di incoscienza, “aggravato dalla penetrazione coatta con un fumogeno”, si legge.

La terribile violenza è stata documentata da un video circolato nei mesi successivi tra decine e decine di persone, senza diventare oggetto di denuncia, ma piuttosto di denigrazione e isolamento nei confronti della ragazza che da quella notte vive in un incubo.
Lei non denuncia; il video continua a girare, in tanti lo guardano eppure nessuno vede l’evidente violenza, né la riconosce da subito come vittima di uno stupro di gruppo avvenuto in uno “spazio liberato”. Anzi, l’oggetto con cui le viene usata violenza diventa addirittura il suo soprannome. Gli uomini attorno a quel tavolo sui cui giaceva inerme quella notte, invece, continuano a frequentare cortei, concerti, spazi occupati e autogestiti.
Ma non è finita qui, perché dopo tre anni alla violenza si aggiunge altra violenza: nell’agosto del 2013, a seguito di un’indagine estranea a questi fatti, i carabinieri entrano in possesso del video, risalgono alla ragazza e identificano alcuni dei responsabili. Lei viene convocata e interrogata da sola per ore; le mostrano per la prima volta il video del suo stupro. Le chiedono di fare nomi, di identificare persone della Rete Antifascista. Lei lo fa e per tutta risposta i “compagni” la chiamano infame. Dopo l’efferata violenza, l’umiliazione e l’omertà, iniziano le offese, le minacce, infine viene cacciata dai luoghi vicini al movimento.
Adesso questa ragazza chiede solidarietà. La sua vicenda è finita in tribunale e si attendono sviluppi dal punto di vista giudiziario. Ma alcune riflessioni emergono con forza: perché una ragazza che ha subito una tale violenza, si è trovata sola in mano alle forze dell’ordine?
Dove sono state le compagne e i compagni in quei tre anni che vanno dallo stupro al giorno in cui due pattuglie sono andate a cercarla? Perché le compagne non hanno solidarizzato da subito con lei? Perché invece di diffondere il video, umiliarla, condividere spazi e lotte con gli stupratori, non è stata fatta rete attorno a lei? Perché per salvare il “gruppo” si è deciso di abbandonare chi davvero aveva bisogno?
Denunciamo che il sessismo esiste e si manifesta anche nel movimento e nei cosiddetti “spazi liberati”, oltre che nelle nostre case, nel mondo del lavoro, negli stadi, per le strade delle città e nelle campagne. Invitiamo tutte e tutti a pronunciarsi e prendere posizione sull’accaduto e ad allargare la critica alla propria realtà per scardinare ogni dinamica sessista. Bisogna riconoscere e nominare violenza e sessismo anche e soprattutto quando questi macchiano i nostri spazi e le nostre relazioni, e sviluppare pratiche di prevenzione, gestione-reazione e solidarietà con chi è vittima di violenza. La violenza contro le donne non è una escalation, ma una linea che include in sé manifestazioni differenti, ma tutte ugualmente gravi. Il silenzio e la mancanza di autocritica e autoanalisi ne sono complici.
Romantik Punx e Guerriere Sailor non sono sole nel denunciare le numerose violenze in ambito di “movimento”. Uno stupro è sempre uno stupro, ed è ancora più grave se fatto da “compagni”, amici o uomini che amiamo. O come ricordano nel comunicato di cui sopra, “anche fosse ai danni di una donna che reputiamo esecrabile, meschina o ‘politicamente nemica’”.
Rafforziamo, attraverso questo comunicato di tutta la rete pisana #NONUNADIMENO, la nostra vicinanza alla ragazza alla quale va tutto il nostro appoggio e solidarietà. Approfittiamo inoltre di questa istanza per dedicarle un caloroso abbraccio e ribadire la nostra disponibilità, non solo a mantenere aperta la questione, ma anche a partecipare a iniziative se e quando lei vorrà.
Collettiva Transfemminista Queer Pisa
Gruppo autodifesa femminista Pisa
Newroz Spazio Antagonista – Antagonisti Pisani
Lucciola (https://www.facebook.com/lucciolacronacalibertaria/)
Kronstad
Associazione Nuovo Maschile Uomini Liberi dalla Violenza Pisa
FriendLI
AIED Pisa

 

Editoriale in Solidarietà con L’ex Indiano

Il 14 Dicembre, approfittando di un breve momento di chiusura dell’ex Indiano occupato a Firenze, questo è stato sgomberato.
Subito, solidari, speranzosi, grandi e piccine, medi e mediane partono in corteo spontaneo sulla Pistoiese e nel quartiere di Peretola. Intasano il traffico, qualcuno si arrabbia, qualcuno solidarizza, qualcuno non capisce, qualcuno dice “E stavolta
cos’hanno ancora fatto i poteri forti da far arrabbiare la
povera gente, sempre la povera gente”, qualcun’altro
pensa che non ha abbastanza tempo per far regali e che,
porcapaletta, proprio ora si dovevan arrabbiare?”

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