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Il fascino discreto della moschea di Porta a Lucca

santancheMoschea si, moschea no, l’argomento caldo degli ultimi mesi nella cronaca locale pisana. Dalla destra alla sinistra tutti si sono espressi, addirittura il TAR su richiesta della comunità islamica pisana. Non si può comunque non riconoscere il merito al comitato Nomoschea di averci rallegrato con due siparietti decisamente divertenti: la figuraccia per la questione delle firme autenticate (solo 275 su 2530), e il comizio della Pitonessa Santanché insieme a Magdi (ora nemmeno più “Cristiano”) Allam durante la raccolta delle suddette firme. Lasciando da parte quello che oggi fa decisamente sorridere, bisognerebbe fare un passo indietro e ragionare su cosa implichi veramente per la politica pisana la costruzione o meno della moschea. Non volendo cadere nell’errore di assumere il ruolo di giudice, decidendo chi ha ragione e chi torto, ci si limiterà ad esporre un breve elenco dei fatti, lasciando così al lettore la possibilità di farsi una propria idea a riguardo.
Fino ad oggi è stato principalmente l’ambiente della destra pisana, Forza Italia in primis, a parlare della questione della moschea, arrivando persino a paventare l’ormai celeberrimo referendum che, per via delle firme non autenticate, non si terrà. Una questione nata su basi esclusivamente razziste, in quanto il reale obiettivo era, e continua ad essere, il divieto di professione di un culto non originariamente proprio della cultura italiana. Rimaneva però per Forza Italia un problema: come impostare il quesito referendario per il quale si stavano raccogliendo le firme? Di certo non si poteva esprimere liberamente il reale intento, perché le accuse di discriminazione sarebbero piovute sul comitato del no come un temporale ad agosto. Il Nomoschea ha così scelto di puntare sull’urbanistica e sullo stile architettonico, propagandando la bruttezza di un edificio di culto moderno, per giunta non cristiano, a ridosso di Piazza dei Miracoli. Come hanno scritto diverse testate giornalistiche, in caso il referendum si fosse tenuto i pisani avrebbero votato su un “quesito mascherato”, visto che nemmeno compariva la parola “moschea”, sostituita col generico “progetto urbanistico”. Pisa è stata fatta diventare l’emblema della lotta della tradizione italiana all’Islam, unica città italiana dove addirittura si è arrivati a parlare di referendum per opporsi all’integrazione musulmana. D’altronde, la politica istituzionale conosce solo il linguaggio dello scontro, non quello dell’apertura e dell’ascolto.
Così, la destra pisana ha palesemente deciso di non prendere in considerazione l’opinione della comunità cattolica di Porta a Lucca, perché le sarebbe stata decisamente avversa. Da un’intervista di pochi giorni fa monsignor Dianich, proprio nel quartiere della futura moschea, si è espresso in termini molto favorevoli nei confronti della comunità islamica pisana e della costruzione della moschea. Dianich ha dichiarato inaccettabile “la battaglia per mantenere il crocifisso facendo la guerra all’Islam”; colpo basso per i cattolici destrorsi del Nomoschea, dei quali si attende ancora la risposta. Ad ogni modo, è più coerente un intervento da parte di esponenti del mondo cattolico rispetto ad una campagna elettorale per il no che sfrutta lo stile architettonico per mascherare il razzismo.
I diretti interessati, ovvero i membri della comunità islamica pisana, hanno sicuramente accolto più che positivamente il verdetto del TAR, ma allo stesso tempo necessitano di maggiore spazio per il confronto. Nonostante sia il reale soggetto in questa vicenda, la parola della comunità islamica è stata messa in secondo piano dalle polemiche tra volti noti di destra e sinistra. L’unica opinione che chi scrive si vuole permettere di esprimere è pertanto la seguente: perché dare ascolto a forze che non hanno direttamente a che fare né con la vicenda della moschea né col mondo islamico in generale? Quindi, anziché affidarsi alle voci che si sentono quotidianamente, perché non confrontarsi direttamente con la comunità islamica? D’altronde la loro è l’unica voce che manca dal coro e, probabilmente, ascoltarla potrebbe rivelarsi interessante per capire cosa stia davvero succedendo.