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Comasco Comaschi: Un martire anarchico

Nasce a Cascina (Pi) il 27 ottobre 1895 da Ippolito e Virginia Bacciardi, maestro d’arte ed ebanista.
Cascina a quell’epoca basava la propria economia su una folta presenza di piccoli artigiani del
legno. In questa cittadina, ma specialmente sotto la guida del padre Ippolito, già militante anarchico
Comasco matura quelle idee libertarie che lo portano ad un forte impegno sociale. E’ tra i promotori
della locale sezione della Pubblica Assistenza, stimato insegnate della Scuola d’Arte di Cascina ,
nonché abile artigiano ebanista.
Il gruppo libertario di Cascina guidato da Comasco era molto attivo, come ricordano alcuni militanti
comunisti (come Ideale Guelfi, volontario nella guerra di Spagna) che, in una testimonianza
rilasciata nel 1980, dichiarano che nel primo dopoguerra a Cascina “gli anarchici erano molto forti”
e che “Umanità Nova” era “l’unica stampa di sinistra diffusa”.
Il Comaschi nel 1921, durante la cerimonia di fondazione del fascio locale, interviene fermamente
per far sentire la voce dissenziente degli anarchici e degli antifascisti locali sventolando la bandiera
nera. Questo segna la sua prematura fine. La sera del 19 marzo 1922, dopo aver partecipato ad una
riunione in località Marciana, mentre fa ritorno a casa in calesse, accompagnato da altri tre
anarchici viene atteso da una squadraccia nel presso del Fosso Vecchio. Dopo una strenua ma
inutile lotta cade sotto i loro colpi.
I funerali tenutisi il 21 marzo 1922 sono stati importanti e sentiti dalla cittadinanza, bandiere nere in
testa, si sollevava un’esplicita sfida al fascismo con un corte funebre di un chilometro.

Notizie tratte da l’Enciclopedia degli Anarchici Italiani.

Italo Garinei: l’ingegnere civile anarchico

A cura dell’iconoclasta e della Malfattrice

 

Italo nasce a Pisa il 18/12/1886 da Enrico e Concetta Bellatalla. Da subito condivide l’esperienza pisana della I^ Internazionale, successivamente attivo nel movimento anarchico pisano.
Inizialmente è militante della Federazione Sindacale Socialista, scrive articoli per riviste quali: “Sempre Avanti”, “L’internazionale”, “La bandiera proletaria”. Si schiera a fianco della causa anarchica
partecipando alle proteste popolari pisane conseguenti alla fucilazione di Francisco Ferrer (13/10/1909). Garinei viene arrestato insieme a Paolo Schicchi, anarchico siciliano. In seguito si trasferisce a Torino, dove collabora con la rivista dell’Internazionale.

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La politica delle grandi opere continua a dare i suoi frutti…marci!

di Paola

È il 26 ottobre quando l’inchiesta Amalgama, nata da una costola di Mafia Capitale, porta all’arresto per associazione a delinquere, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio e tentata estorsione di 20 persone riconducibili alla costruzione del Pisa People Mover, del Tav Terzo Valico e della Salerno-Reggio Calabria. Tra i nomi
emerge quello di Giampiero de Michelis, direttore dei lavori del cantiere del People Mover, il quale avrebbe rendicontato opere mai realizzate al fine di evitare che le ditte coinvolte dovessero
pagare delle multe. In cambio avrebbe ottenuto appalti per aziende riconducibili ad esso e all’imprenditore Domenico Gallo nella costruzione di altre grandi opere. Ai domiciliari invece si trovano Mariano Aprea presidente di PisaMover, Michele Firpo, manager e direttore del cantiere e Pacifico Belli funzionario di Condotte, la società vincitrice dell’appalto da 72 milioni di euro.
Ma facciamo chiarezza…

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Antoine Gimenez: un anarchico pisano nella Colonna Durruti

Antoine Gimenez (pseudonimo di Bruno Salvadori) pisano della provincia, precisamente nato a Chianni (PI) il 14/12/1910, incerto il mestiere che svolse. Per ragioni di lavoro la sua famiglia si trasferì a Livorno. Dei suoi genitori le notizie sono molto scarse, il padre operaio, lavorava lontano. Niente, o quasi, si sa della madre e di eventuali parenti.
Bruno, ben presto, nella città labronica si scontra con le squadre d’azione fasciste. Sembra che in una delle tante aggressioni venisse duramente percosso. In quell’occasione fu aiutato e trasportato in un’abitazione di compagni dove venne medicato e ospitato. Si racconta che il Salvadori mantenesse anche contatti con i compagni del pisano, ma scarse sono le notizie al riguardo.
Sul finire degli anni ’20 emigra in Francia, dove diffonde opuscoli anarchici, ma più volte viene arrestato dalla polizia locale a Marsiglia, grazie anche al supporto della polizia fascista (OVRA). A seguito di numerose altre lotte e peripezie, Bruno viene espulso dalla Francia e, dopo un lungo peregrinare, nel maggio 1936, giunge in Spagna. La polizia italiana perde le sue tracce e, proprio in quel periodo, emerge la sua “nuova identità” quella di: Antoine Gimenez. Continua in clandestinità a girovagare, specialmente in Francia, approfittando dei suoi contatti con i compagni del luogo. La polizia non riesce mai a catturarlo. Non si sa come, ma Bruno è anche in possesso di un passaporto italiano!
In quel periodo, in Spagna, sta per cominciare la rivoluzione , essendo affiliato alla CNT, l’anarchico pisano decide di ritornarvi alla vigilia del colpo di stato franchista. Nell’agosto del ’36 diventa miliziano del gruppo internazionale della Colonna Durruti. Partecipa alle battaglie di Setamo, Aragona, Quinto de Ebro e rimane al fronte fino all’ottobre 1938. Alla disfatta della Repubblica, nel febbraio 1939, viene internato nel campo di concentramento francese di Angeles-sur-mer ed entra a far parte, insieme ad altri 117 prigionieri, del gruppo anarchico: “Libertà o morte”. Infine liberato si stabilisce a Marsiglia.
Scrive i suoi ricordi dal 1974 al 1976; all’età di 72 anni muore a Marsiglia il 26/10/1982, solo ma mai piegato.
Notizie tratte da una pubblicazione de “La Baronata”- -Lugano (Svizzera)

Il fascino discreto della moschea di Porta a Lucca

santancheMoschea si, moschea no, l’argomento caldo degli ultimi mesi nella cronaca locale pisana. Dalla destra alla sinistra tutti si sono espressi, addirittura il TAR su richiesta della comunità islamica pisana. Non si può comunque non riconoscere il merito al comitato Nomoschea di averci rallegrato con due siparietti decisamente divertenti: la figuraccia per la questione delle firme autenticate (solo 275 su 2530), e il comizio della Pitonessa Santanché insieme a Magdi (ora nemmeno più “Cristiano”) Allam durante la raccolta delle suddette firme. Lasciando da parte quello che oggi fa decisamente sorridere, bisognerebbe fare un passo indietro e ragionare su cosa implichi veramente per la politica pisana la costruzione o meno della moschea. Non volendo cadere nell’errore di assumere il ruolo di giudice, decidendo chi ha ragione e chi torto, ci si limiterà ad esporre un breve elenco dei fatti, lasciando così al lettore la possibilità di farsi una propria idea a riguardo.
Fino ad oggi è stato principalmente l’ambiente della destra pisana, Forza Italia in primis, a parlare della questione della moschea, arrivando persino a paventare l’ormai celeberrimo referendum che, per via delle firme non autenticate, non si terrà. Una questione nata su basi esclusivamente razziste, in quanto il reale obiettivo era, e continua ad essere, il divieto di professione di un culto non originariamente proprio della cultura italiana. Rimaneva però per Forza Italia un problema: come impostare il quesito referendario per il quale si stavano raccogliendo le firme? Di certo non si poteva esprimere liberamente il reale intento, perché le accuse di discriminazione sarebbero piovute sul comitato del no come un temporale ad agosto. Il Nomoschea ha così scelto di puntare sull’urbanistica e sullo stile architettonico, propagandando la bruttezza di un edificio di culto moderno, per giunta non cristiano, a ridosso di Piazza dei Miracoli. Come hanno scritto diverse testate giornalistiche, in caso il referendum si fosse tenuto i pisani avrebbero votato su un “quesito mascherato”, visto che nemmeno compariva la parola “moschea”, sostituita col generico “progetto urbanistico”. Pisa è stata fatta diventare l’emblema della lotta della tradizione italiana all’Islam, unica città italiana dove addirittura si è arrivati a parlare di referendum per opporsi all’integrazione musulmana. D’altronde, la politica istituzionale conosce solo il linguaggio dello scontro, non quello dell’apertura e dell’ascolto.
Così, la destra pisana ha palesemente deciso di non prendere in considerazione l’opinione della comunità cattolica di Porta a Lucca, perché le sarebbe stata decisamente avversa. Da un’intervista di pochi giorni fa monsignor Dianich, proprio nel quartiere della futura moschea, si è espresso in termini molto favorevoli nei confronti della comunità islamica pisana e della costruzione della moschea. Dianich ha dichiarato inaccettabile “la battaglia per mantenere il crocifisso facendo la guerra all’Islam”; colpo basso per i cattolici destrorsi del Nomoschea, dei quali si attende ancora la risposta. Ad ogni modo, è più coerente un intervento da parte di esponenti del mondo cattolico rispetto ad una campagna elettorale per il no che sfrutta lo stile architettonico per mascherare il razzismo.
I diretti interessati, ovvero i membri della comunità islamica pisana, hanno sicuramente accolto più che positivamente il verdetto del TAR, ma allo stesso tempo necessitano di maggiore spazio per il confronto. Nonostante sia il reale soggetto in questa vicenda, la parola della comunità islamica è stata messa in secondo piano dalle polemiche tra volti noti di destra e sinistra. L’unica opinione che chi scrive si vuole permettere di esprimere è pertanto la seguente: perché dare ascolto a forze che non hanno direttamente a che fare né con la vicenda della moschea né col mondo islamico in generale? Quindi, anziché affidarsi alle voci che si sentono quotidianamente, perché non confrontarsi direttamente con la comunità islamica? D’altronde la loro è l’unica voce che manca dal coro e, probabilmente, ascoltarla potrebbe rivelarsi interessante per capire cosa stia davvero succedendo.

L’ira funesta del pelide Filipescu

piu-felicita-graficanera-no-copyright-1024x723pdPisa, 9 settembre 2016, ore 6 del mattino. Filipescu dorme serenamente sul suo letto, quando ad un tratto la sua tranquillità viene turbata. Qualcosa si muove nel suo organismo. Apre gli occhi, prova a ricordare cos’è accaduto durante la scorsa serata, ma l’unica cosa che riesce a vedere è una fitta nebbia etilica. «Mannaggialfano, ci risiamo: si arza un po’ ir gomito, e si finisce cor vomito!», dice biascicando, mentre il malessere si fa più intenso. Filipescu è costretto ad alzarsi dal letto ed andare in bagno, prima che sia troppo tardi. Con uno sforzo goffo riesce a mettersi in piedi e con altrettanto goffo movimento si avvia verso il cesso. Ma nell’ombra, un altro nemico non previsto attende in silenzio l’ingenuo sindaco: una minacciosa e frantumata bottiglia di vetro, vendutagli in un minimarket del centro, residuo della sera prima, non perde l’occasione di ferire il malcapitato. «Mannaggialfano!», recita l’urlo di dolore che sveglia vicinato, quartiere, giunta e consiglio. Il cellulare di Filipescu comincia a squillare incessantemente, amici e parenti, preoccupati, vogliono sapere cos’è accaduto di così grave da scaturire un tale grido straziante. Ma egli è pieno di rabbia, una rabbia che non può essere placata dal soccorso dei suoi cari, una rabbia che solo in un modo può essere contenuta e trasformata in benessere collettivo: con una nuova ordinanza.
Filipescu chiama a rapporto i suoi fedelissimi, non prima di essersi disinfettato il piede, e cominciano a scrivere il documento che il sindaco ha ormai in mente in modo chiaro (non troppo, c’è ancora un po’ di nebbia). “Ordinanza urgente in materia di sicurezza urbana (e domestica) per contrastare l’abuso di alcol e la dispersione al suolo del vetro. CONSIDERATO CHE il sindaco è mezzo astemio – per non dire completamente – e per questo pretende la solidarietà dei cittadini, CONSIDERATO ALTRESI’ CHE rosica non poco a vedere studenti e studentesse che si ubriacano senza troppe ripercussioni, PRESO ATTO dell’identità (e della provenienza) dei principali venditori di alcolici nelle zone comprese tra stazione e centro di Pisa, RITENUTO CHE il primo cittadino non potrebbe sopportare un’altra gravissima lesione all’alluce come quella di questa mattina, il sindaco della Città di Pisa, Marco Filipescu, ORDINA: fino al giorno 4 dicembre 2016 compreso, 1) il divieto di vendita per asporto dalle ore 22.00 alle ore 06.00 di bevande alcoliche di qualunque gradazione in qualsiasi contenitore e di ogni altra bevanda in contenitori di vetro; 2) il divieto di detenere bevande alcoliche di qualsiasi gradazione in qualunque sistema e/o apparecchio di refrigerazione e raffrescamento [?] presso i locali di esercizio delle attività allo scopo di venderle in qualsiasi contenitore in tutto il complessivo orario di apertura e per tutto il periodo di durata di validità della presente ordinanza [quest’ultimo divieto non riguarda, però, gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, perchè è stato concepito esclusivamente per colpire i minimarket]. In caso di inosservanza della presente ordinanza, la Polizia Municipale e le altre forze dell’ordine procederanno ai sensi dell’art. 650 c.p. [arresto fino a tre mesi o ammenda fino a duecentosei euro] nei confronti dei contravventori. Inoltre, il Comune si impegna ad attivare iniziative di natura sociale con la Croce Rossa Italiana, volte a sensibilizzare i giovani circa i rischi che corre il sindaco dopo ogni singolo sorso di qualunque bevanda alcolica. Inoltre, per contrastare il degrado e – soprattutto – gli effetti nefasti del crescente inquinamento dell’ambiente, la Croce Rossa Italiana fornirà, presso Piazza dei Cavalieri, bicchieri di plastica dove versare il contenuto delle bottiglie di vetro.”. … «Ehm, signor sindaco, lei è proprio sicuro che fornire bicchieri di plastica sia una mossa ecologica sensata?» «In verità, non ne sono sicuro. Ma non è forse l’incertezza che rende grande un uomo politico?» «Quanta saggezza.»

L’Università ai tempi del Polo Piagge

untitled-2Telecamere, catene, cabine di sorveglianza, tornelli, divieti su divieti. Carcere? No! E’ il Polo Piagge, moderna struttura universitaria recentemente costruita ed adibita ad ospitare le lezioni dei Dipartimenti di Scienze Politiche, Giurisprudenza, Economia, Agraria e Medicina Veterinaria. Progettato in maniera tale da escludere ogni possibile incontro, che non sia quello in classe, questa meravigliosa struttura si connota per il numero spropositato di telecamere che accompagnano la studentessa/lo studente fino alla porta del bagno. Solo all’interno del Polo si contano 21 telecamere. Se generalmente molti luoghi pubblici sono dotati di telecamere che sorvegliano rispetto a eventuali eventi esterni (cataclismi, Isis, zombie, vichinghi, ecc.), la massiccia presenza di tali strumenti all’interno della struttura fanno capire che la volontà è quella di controllare in modo costante e capillare tutti i movimenti dei/delle pericolosissimi/e frequentatori/rici. Ai bidelli viene assegnato il ruolo della sentinella sempre sull’altolà, pronta ad ammonire chiunque non si attenga alle norme calate dall’alto e sulle quali non è ammessa alcuna flessibilità. La notevole quantità ed eterogeneità di divieti affissi per tutta la struttura arricchiscono la giornata degli/lle universitari/e, che possono sempre supplire alla mancanza di spazi di aggregazione con una lettura dei sacri divieti. Unico spazio di aggregazione all’interno del Polo è il bar, dove è obbligatorio consumare prodotti necessariamente acquistati nello stesso ed esplicitamente vietato studiare, mentre le sedie e i tavolini posti all’esterno del locale sono legati tra di loro da una catena che impedisce movimenti o raggruppamenti non previsti da regolamento (se ad esempio siete in cinque, uno/a starà in piedi). Chissà a cosa si riferiva il rettore Massimo Augello quando parlava di “aree destinate alla socializzazione”1? Può definirsi uno spazio di aggregazione il bar del Piagge usufruibile solo dietro pagamento?
Sicuramente sappiamo che il Piagge rappresenta “un esempio della progettualità messa in atto dall’Ateneo pisano a partire dal 2010, attraverso una decisa accelerazione al piano di realizzazione delle grandi opere”2. Questo polo diventa solo un esempio della tendenza a conformare gli spazi universitari rendendoli asettici e della volontà di proseguire la politica delle grandi opere.
Anche la localizzazione del Polo Piagge in un’area periferica e marginale rispetto al tessuto universitario urbano si inserisce nella tendenza generale a delocalizzare l’università, dividendo, separando, marginalizzando e distruggendo così gli spazi di socialità e di confronto.
La tendenza a creare spazi limitati da confini materiali, sorvegliati da telecamere, marginalizzati e depravati di un’identità si ritrova anche nelle università.
Ma uno spazio riuscito è quello in cui sono possibili pratiche di libertà.